ExDairyPRESS incontra Marino e Gabriella Marenghi
Nel cuore della valle del fiume Ceno, la nostra redazione ha avuto il piacere di conoscere Marino e Gabriella Marenghi, titolari dell’azienda agricola Marenghi, cuore pulsante del piccolo borgo di Segarati, immerso nelle colline parmensi, che ci hanno raccontato come gestire “naturalmente” un allevamento di vacche per la produzione di Parmigiano Reggiano DOP e generare profitto.
Marino, tu sei originario di Segarati?
Sì, certo! La mia famiglia ha sempre vissuto qui. In effetti, tutti si ricordano di mio papà, che in valle era diventato famoso perché aveva la fortuna di possedere due buoi con cui poteva arare i campi. Anche mio papà è stato un allevatore e agricoltore e aveva qui la sua piccola azienda di 20 vacche. Quando è stato il mio turno, anche io ho deciso di continuare la sua opera e di rimanere qui a gestire gli animali e l’azienda agricola, e tutto sembrava tranquillo… Finché non è arrivata Gabriella!
Gabriella, il tuo accento straniero tradisce una storia interessante…
G: La mia vita è stata un po’ avventurosa, e in un certo senso lo è ancora, ogni giorno… Mia mamma era originaria di questo piccolo paese, ma io sono nata e cresciuta in Belgio, dove ho vissuto e ho lavorato: avevo un buon lavoro nel campo delle risorse umane a Bruxelles, giravo il mondo, stavo bene, mi divertivo anche.
Poi, un giorno, sono tornata qui per questioni burocratiche e ho conosciuto Marino… Ero immersa in un progetto a Kolwezi (Congo) e ho deciso di chiudere, il tempo di sistemare tutto, e poi mi sono trasferita definitivamente a Segarati. Era il 2007.
Come è stato passare da una grande città a un paesino come questo? Ti sei sentita accolta?
G. È stato bello, anzi, meraviglioso! E molto rilassante… Io ho sempre amato la natura e gli animali e per me in un certo senso era un po’ come tornare alle origini. Certo all’inizio non è stato facile integrarmi… Con gli altri allevatori ho fatto fatica, forse perché ero donna, forse perché non parlavo bene l’italiano, sta di fatto che per loro ero solo “la moglie di Marino”, e se c’era da parlare mi chiedevano solo di poter parlare con lui, ignorandomi. Ma neppure con le donne del paese è stato facile… Finché ho deciso che non potevo cambiare quello che ero io, nemmeno se la cosa non andava a genio agli altri. Da quel momento, tutto è andato meglio ed è così terminato il mio “adattamento” …
Ti ricordi la prima volta che sei entrata in stalla?
G: Certamente, come fosse oggi… Mi ricordo soprattutto che faceva freddissimo, e io odio il freddo!
Marino non c’era, perché aveva nevicato molto e lui aveva anche l’incarico di spalare la neve in valle. Mi sono infilata gli stivali e sono entrata in stalla… Mi ricordo che c’era una vacca stupenda, tutta bianca, che chiamavamo appunto Bucaneve, che mi guardava e quello sguardo mi ha immediatamente fatto sentire a casa. Io ho sempre amato la natura e gli animali anche di più, e poter vivere qui e lavorare con loro mi è bastato per scardinare ogni insicurezza.
D’altra parte, quando una donna vuole fare una cosa, la fa e basta, e se ritiene che sia importante niente la ferma. Poi un giorno ho fatto a Marino una domanda: “Ma perché dobbiamo consegnare il latte a una cooperativa? Non possiamo fare un Parmigiano che sia fatto solamente con il latte delle nostre vacche?”
M. Io allora le ho risposto che sarebbe stata una cosa molto bella, ma che con 20 vacche non si poteva produrre abbastanza latte neppure per fare una sola forma di Parmigiano! Al che lei mi ha risposto: “Beh, se servono più vacche, allora prendiamo più vacche!”
G: … E così abbiamo fatto! Lavorando con dedizione, umiltà e costanza, amando sempre di più i nostri animali e rispettandoli sempre. Ora abbiamo 200 vacche, una stalla qui a Segarati e una in pianura per la rimonta, e il nostro Parmigiano di Montagna porta proprio il nostro nome! È davvero una grande soddisfazione.
È stato Marino che ti ha insegnato ad amare e rispettare le vacche?
G: L’amore per la natura, la vita e gli animali l’ho sempre avuto, ma vivere in questo posto e lavorare con le vacche lo ha reso ancora più profondo e più consapevole. Marino ed io abbiamo sempre avuto la stessa idea per quel che riguarda il rispetto dei ritmi della natura e degli animali, e io ho imparato da lui come metterla in pratica giorno dopo giorno: anche lui ha sempre chiamato ogni sua vacca per nome e le conosceva una per una, e da lui ho imparato come trattare ciascuna di loro come unica.
Forse è anche il fatto di essere donna che facilita il rapporto con questi splendidi animali: io parlo loro in continuazione, e loro mi mostrano sempre se hanno capito o meno.
Insomma, Marino mi ha insegnato a guardare gli animali non solo come una risorsa economica, ma come esseri viventi che sono sulla terra con noi e ci aiutano a starci bene e a poterci rimanere per fare questa vita che tanto ci piace.
Cosa ti affascina delle vacche da latte?
G: Tutti gli animali mi affascinano, ma le vacche, secondo me, hanno qualcosa di molto simile a noi donne, spesso penso che abbiano un “carattere femminile”, perché c’è come una comprensione reciproca, un’affinità unica, che rende speciale il rapporto che si instaura con la donna che le alleva.
Potrei fare mille esempi quotidiani di questo legame, ma quello con una in particolare non lo dimenticherò mai: la vacca si chiamava Colette e ogni singolo giorno in cui entravo in sala mungitura si arrampicava con le gambe davanti sul muretto della sala e rimaneva per tutto il tempo a guardarmi mentre lavoravo. Tutto il tempo, tutti i
giorni, non ne ha mai saltato uno. Finché, un giorno come tanti, mentre stava lì e mi guardava ad un certo
punto ha piegato la testa ed è morta lì, così… Le si è fermato il cuore e basta, mentre mi guardava. Abbiamo
pianto, ma poi si va avanti, perchè la vita va così.
Marino, una volta prodotto il vostro Parmigiano, cosa ne avete fatto?
M: Il problema era proprio questo e me lo sono chiesto anch’io! Ho chiesto a Gabriella: “Ora che abbiamo il nostro Parmigiano, cosa ne facciamo?” e lei, candidamente, mi ha risposto: “Ovviamente, lo vendiamo!”
Forse alle donne basta aver preso la decisione e poi non vedono più ostacoli davanti a loro! Invece era un bel problema… Tutti ci sconsigliavano un punto vendita a Segarati, ci dicevano che il paese era troppo lontano da Bardi e dagli altri centri più noti… Ma Gabriella si è impuntata su questa scelta, sostenendo che se le vacche erano qui, e se il latte veniva fatto qui, anche il Parmigiano si doveva vendere qui. Perciò, abbiamo ristrutturato una piccola cascina nei pressi della stalla e abbiamo costruito il nostro spaccio.
Vendete solo i vostri prodotti?
M. I nostri formaggi, il nostro Parmigiano e la nostra birra…
… La vostra birra?!?!
G. Sì, anche questa è stata una bella e incredibile storia; un giorno è venuto qui a trovarci un mio nipote dal Belgio, a cui piace fare la birra, e allora gli ho proposto di fare una birra adatta ad essere bevuta con il nostro Parmigiano… Ed ecco che è nata la Birra Origin, fatta con l’orzo distico e il luppolo prodotti da noi e inviati in Belgio, dove vengono lavorati e dove viene imbottigliata la birra.
Marino, insomma, la tua vita era tranquilla, ma solo prima che arrivasse qui Gabriella! Ma, in generale, quale pensi sia il principale contributo che le donne possono dare a questo settore?
M. La fantasia. Che per me tradotto significa: una ne fanno e cento ne pensano… Guardano sempre avanti e quando hanno un’idea che sembra buona, non si fermano per nessun motivo.
G. Alla fine però la vita qui è ancora tranquilla… In un posto come questo tutto rallenta, e il mio motto quotidiano è: “Vivi e lascia vivere la natura come vuole”. E questo principio vale per tutto, anche per il modo con cui scegliamo di essere agricoltori e allevatori.
Cosa significa?
G. Significa che, nella gestione degli animali e dei campi, qui possiamo permetterci anche di fare delle scelte che non sarebbero così semplici da prendere in contesti diversi, per esempio negli allevamenti intensivi di pianura.
Possiamo decidere, per esempio, di non sincronizzare gli animali ma di seguire i loro ritmi, di tenere le vacche in stalla anche per dieci anni, di non programmare a tavolino quando falciare un campo di erba ad inizio stagione… E riuscire comunque a fare investimenti vantaggiosi ad avere ottimi profitti.
C’è qualcuno che vi aiuta in stalla?
M. Sì, c’è Gabriel, un ragazzo meraviglioso… Dopo aver girovagato un po’ per il mondo e per l’Italia, ora da 4 anni lavora a tempo pieno con noi e gestisce la stalla e il supporto stagionale di Lara che sta studiando Scienze Zootecniche a Parma. Anche perché, da qualche anno, Gabriella sta combattendo con un brutto male e non può più lavorare in stalla… Non abbiamo avuto figli e possiamo solo sperare che ci siano dei giovani che si possano appassionare alla vita che facciamo quassù e portino avanti la nostra attività.
G. Quando mi sono ammalata mi sono detta: “Adesso che non posso più lavorare in stalla, cosa faccio? Non posso mica stare senza far niente, con le mani in mano!”
E così abbiamo pensato di ristrutturare alcune cascine antiche che si trovano nel piccolo agglomerato di case intorno al nostro spaccio per ricavarne dei piccoli appartamenti indipendenti dove ospitare chi desidera godersi la nostra vallata… Questa avventura sta andando molto bene, e da poco abbiamo la qualifica ufficiale di “albergo diffuso”, cioè un’impresa ricettiva formata da più alloggi preesistenti e vicini tra loro ma gestiti da un unico proprietario. Sicuramente sentirete ancora parlare dell’azienda Marenghi!
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