ExDairyPRESS incontra Giovanni Rivolta

Spesso il silenzio parla, fa “un rumore” che ha il potere di calmare e tranquillizzare chi lo sa ascoltare.

È quello che abbiamo provato passeggiando nelle corsie, tra le vacche dell’azienda di Giovanni Rivolta, a Soresina (Cr). Una sensazione di pace e di benessere, avvolti da un silenzio interrotto solo da lievi rumori, con la sensazione di trovarsi in un pascolo ad ascoltare ruminare le vacche, magari sotto montagne innevate… Forse sarà capitato anche ad altri che hanno avuto il privilegio di visitare stalle tanto eccellenti come quella che vi stiamo per descrivere.


TRA STORIA E DESTINO

Per comprendere l’origine di questa azienda bisogna andare indietro nella vita di Giovanni, partendo inevitabilmente dalla storia di Donata Ferrari Ciboldi, la mamma di Giovanni, una donna che ha respirato agricoltura e zootecnia fin da bambina, erede di una delle più grandi famiglie di allevatori della zona (proprietari terrieri da molte generazioni).

Ma Donata non si accontenta di godere delle fortune acquisite e vuole “fare del suo”, decidendo di laurearsi a Milano nel neonato corso di Laurea in Scienze delle Produzioni Animali. Ed è proprio lì che conosce Luca Rivolta, un giovane proveniente da una benestante famiglia di industriali milanesi ma innamorato dell’agricoltura e della zootecnia e che diventerà suo marito.

Dopo alcuni anni di lavoro sul campo come venditori di tori statunitensi, alla fine degli anni ‘90 decidono di continuare l’azienda della famiglia di Donata, e a Soresina inizia la loro avventura come allevatori. Luca viaggia molto all’estero, in Canada e negli USA, e contemporaneamente è sempre più coinvolto nei lavori del laboratorio nato intorno al professor Graselli, che sarà il primo a portare l’informatizzazione e la digitalizzazione nelle aziende da latte, dando inizio a quel cambiamento gestionale di cui ora iniziamo a vedere i frutti.

In Luca e nei suoi colleghi cresce sempre più forte in quegli anni la convinzione che la genetica quantitativa sia il futuro dell’allevamento delle vacche da latte, sconvolgimento che sarà uno tra i principali vettori del cambiamento della zootecnia italiana negli anni ’70-’80.

I suoi due figli, Filippo e Giovanni, crescono in questo euforico clima di rivitalizzazione della genetica italiana, fino a quel momento appannaggio intellettuale e non solo di poche progressiste famiglie italiane, e fin da piccoli frequentano mostre zootecniche e si trovano immersi in innovativi dibattiti genetici…

Cosa ha voluto dire per lei Giovanni crescere in quel clima di cambiamento ed innovazione?

Innanzitutto, mi ha trasmesso una viscerale passione per le vacche, per le vacche belle e sane, ma mi ha dato anche l’opportunità di crescere in un ambiente in cui si imparava l’uno dall’altro, si discuteva, si dibatteva, si stava insieme volentieri (ho bellissimi ricordi dei tanti giorni passati tutti insieme in fiera!), e magari si sperimentava anche, senza paura… anzi, andando a cercare idee nuove persino oltre oceano!

Mio padre, che ha viaggiato molto in America e in Canada, trovava sempre grande ispirazione nel contatto diretto con quelle realtà zootecniche allora all’avanguardia, e per questo aveva fatto in modo che io andassi a fare i miei due ultimi anni di Università proprio in Wisconsin, a Madison.

Purtroppo, nel 2008, mentre stavo frequentando il secondo anno presso l’Università di Agraria a Milano, papà è mancato in seguito ad un tragico incidente in azienda. A quel punto sono dovuto tornare a casa e, poiché mio fratello aveva già preso altre strade, io e mia mamma abbiamo preso in mano la gestione dell’azienda.

Uno stravolgimento totale… che effetto ha avuto su di lei?

Dopo lo shock e lo smarrimento iniziale, mi sono buttato “anima e corpo” in quello che dovevo fare.

Ma ben presto ho scoperto che una cosa è essere nati in un certo contesto, aver respirato fin da piccoli l’aria di un certo ambiente e sentire di esserne parte, un’altra cosa è ritrovarsi in prima linea, dover prendere decisioni in prima persona, essere totalmente responsabili delle proprie scelte.

Ho dovuto rimboccarmi le maniche ed affrontare tutti i problemi della gestione di un’azienda, anche quelli burocratici, ma grazie anche all’aiuto di mia mamma ho imparato in fretta.

Mi sono accorto che quella motivazione, quella “scintilla di passione e ambizione” che ti spinge a fare le cose sempre meglio e sempre “più in grande” l’avevo dentro anche io. Ed è quella che mi ha portato a pensare che forse era il caso di dar vita ad un nuovo progetto…

Investire nel settore latte: una scelta che non troverebbe tutti concordi, oggi!

Forse no, ma i grandi investimenti non si fanno solo per motivi economici, ma per quella grande passione per un lavoro fatto bene. E ho capito che era esattamente quello che volevo. La costruzione di questo sito produttivo è stato uno sforzo colossale sotto tutti i punti di vista: l’obiettivo era ambizioso e la strada in salita.

Mi sono concentrato sul lavoro quotidiano e giorno dopo giorno il sogno ha preso forma. Mi interessava un progetto in cui la vacca fosse davvero “al centro”. Basta alibi, basta dare la colpa alle strutture per i risultati che non si raggiungono! La nostra stalla di famiglia, se pur abbastanza funzionale e capiente (nel 2018 ospitava 300 vacche in lattazione) era comunque frutto di compromessi e avrebbe avuto bisogno di vari interventi.

Così, ho pensato che se questo doveva essere il mio lavoro e la mia fonte di reddito nei prossimi 30 anni, avrei dovuto fare cambiamenti significativi. Sono convinto che tutte le aziende dovrebbero seguire un processo di crescita nel tempo, per poter sfruttare le economie di scala.

Così, nel 2011, per prima cosa ho costruito un impianto di biogas da un 1MW e nel 2018 si è concretizzata l’idea di costruire un “nuovo centro”, sempre all’interno dei nostri terreni, ma in un sito più lontano dal paese.

Da dove è partito per dar vita a questo nuovo progetto?

Direi da quello ho imparato in casa: guardarmi intorno e cercare suggerimenti dai professionisti migliori!

Ho visitato molti amici e conoscenti, sono andato in molte delle migliori aziende del nord Italia… ho osservato tutto molto bene, mi sono fatto raccontare tante cose e alla fine avevo un sacco di idee in testa ma avevo la necessità di fare chiarezza!

Così ho deciso di svuotare la mente e di pensare seriamente alla caratteristica che avevano in comune le stalle che mi erano piaciute di più e che mi sembravano avere i migliori risultati, e ho scoperto che la caratteristica comune era la presenza nelle stalle di un corridoio centrale, due file di cuccette testa a testa e molto spazio per gli animali.

E così ho deciso di iniziare il progetto del nostro nuovo centro, che arriverà ad ospitare 600 vacche in lattazione a fine 2023.

Dunque, è davvero una questione di spazio?

In sintesi, direi di sì!

Che gli animali abbiano spazio è fondamentale perché lo spazio garantisce loro libertà di movimento, libertà di scegliere come e dove muoversi e soprattutto libertà di esprimere il loro comportamento e le loro dinamiche sociali. Questo aspetto è fondamentale per il loro benessere e dunque è prioritario per avere ottime performance aziendali.

Abbiamo costruito corsie di 5 metri e passaggi molto ampi in cui sono stati installati 4 metri di abbeveratoi per passaggio: l’abbeveratoio è il cuore di ogni passaggio ed è importante che i gruppi meno dominanti non si trovino bloccati dietro a quelli dominanti che si fermano a bere per primi.

Anche nella corsia di alimentazione lo spazio calcolato previsto è per 1 vacca che mangia e per 2 vacche che le passano dietro.

Nelle scelte progettuali, un’altra motivazione chiave è stata avere la possibilità di suddividere gli animali in modo intelligente e comodo: trovare una vacca in un box in cui ce ne sono altre 139 richiede grande spreco di tempo e di energie e, talvolta, crea anche situazioni rischiose, cui si può ovviare con un sistema di box di separazione coerente ed efficace.

Il nostro tempo deve essere dedicato ai nostri animali e a lavorare al meglio, non possiamo permetterci di sprecarlo!

A quale momento della lattazione avete riservato più attenzioni progettuali?

Senza dubbio la priorità l’abbiamo data al periodo di transizione, decisamente il momento più delicato per una vacca.

All’inizio della gravidanza le vacche sono su cuccette, con lettiera di separato (abbiamo installato in azienda un separatore a fianco del biogas) e quando mancano 3 settimane al parto vengono spostate su un’ampia lettiera permanente con paglia, suddivise in due recinti, uno per le primipare e uno per le pluripare con 25 m3 di spazio per capo.

Ho letto e studiato molto sul periodo d’asciutta e devo dire che è proprio vero che con un’attenzione meticolosa in questa fase si evitano gran parte dei problemi della lattazione.

Tutte le vacche sono dotate di attivometri che mi permettono di identificare precocemente i casi in cui ci sono problemi di tipo sanitario o metabolico e mi aiutano a monitorare la sfera riproduttiva. Ad oggi ho raggiunto un PR pari al 37%, un CR medio annuo del 48%, un HDR del 74%, non gravide a 150 giorni pari all’8,5%, un tasso di concepimento al primo servizio del 57% e una produzione di 40,6 kg con un titolo di proteine e di grasso rispettivamente pari a 3,48 e 4,20.

Che scelte avete fatto per la mungitura?

Dopo averci pensato molto, ho deciso che preferivo una sala “semplice” e tradizionale, fondamentalmente per due motivi: il primo è che in fondo sono convinto che, nel tempo, per questi numeri di animali in mungitura, sono le cose più semplici ed essenziali quelle che danno maggiore garanzia; il secondo è che sono sempre stato abbastanza fortunato con la manodopera assunta in azienda.

Tengo molto al fatto che le condizioni contrattuali e abitative dei nostri dipendenti siano più che soddisfacenti e decorose, e mi impegno sempre per instaurare con loro un buon rapporto.

La rimonta come viene gestita?

Per i primi 60 giorni, i vitelli vengono tenuti nella nursery fatta di gabbiette singole e adiacenti, quindi vengono messi per 35 giorni in gruppi di 8 animali in piccoli recinti su lettiera in paglia.

Rimangono sempre in gruppi di 8 fino ai 5 mesi, quando vengono messi insieme due gruppi da 8 e questi gruppi di 16 animali vengono mantenuti fino al compimento dei 18 mesi.

Ho scelto di non utilizzare la lupa perché, soprattutto nelle prime delicate fasi della vita del vitello, preferisco che la tecnologia non finisca per essere una “sostituzione” della manodopera…

Fino ad ora i risultati ottenuti mi stanno dando ragione, la mortalità dei vitelli è azzerata.

Per non rischiare di perdurare in errori continui e causare danni ai propri animali, credo sia importante valutare le proprie convinzioni sulla base di dati oggettivi, mettendole magari in discussione qualora questi non siano davvero soddisfacenti.

Avere coscienza di quello che sto facendo e di cosa posso ottenere con le mie scelte è da sempre uno dei miei obiettivi come manager della mia azienda.

Ti sembra che tutti gli allevatori oggi siano pronti a diventare veri imprenditori?

Osservando e conoscendo diversi allevatori, sia in Italia sia all’estero, ho capito che non tutti hanno quella visione imprenditoriale di cui parlavamo prima.

Queste persone non hanno nessuna motivazione a cambiare in meglio la propria stalla o a rischiare anche del proprio per ottenere dei risultati migliori, ma ci sono anche tanti allevatori-imprenditori che sono orgogliosi della propria stalla, dei propri animali e del proprio lavoro e non si stancano mai di cercare di migliorarlo e ottimizzarlo!

In questo lavoro non ci sono segreti: solo impegno, sacrificio, perseveranza e amore per ciò che si sta facendo. Io sono stato molto fortunato ad avere a fianco mia mamma, che ha sempre creduto nelle mie scelte e mi ha sempre sostenuto, spiegandomi che il rischio sarebbe stato solo mio, ma che se decidevo di correrlo lei sarebbe stata al mio fianco.

E così ha fatto: ora lavora in stalla quasi più di me e la vedo fiorire e ringiovanire ogni giorno sotto i miei occhi…!

In fondo, le cose più belle della vita non sono mai quelle facili!

Seguite Giovanni e la sua azienda su

@aziendagricolaferrariciboldi


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